Mountain Bike      By Lorenzo Colombi

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 nelle  Langhe e nel Roero.  

  

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"Animali" . . . da salvare !!

 

 

Gli Articoli  di  "Oscar Grazioli".

Veterinario e giornalista.

 

 

 

Link:   http://notizie.tiscali.it/socialnews/Grazioli/152/ 

 

lo trovate anche su Facebook !!!

 

 

Nato a Reggio Emilia, Oscar Grazioli ha scelto di fare il veterinario e lo scrittore.

Il veterinario perché chi può esprimere la sofferenza solo con gli occhi

 non può e non deve essere ignorato, anche se ha una coda, le ali o le pinne.

Lo scrittore perché rimanga qualcosa di ciò che ho fatto a favore dei deboli e degli indifesi

 

 

 

Uccisa a fucilate:

 

 La triste fine di Belinda, la Cerbiatta che si "fidava" dell'uomo.

22 Febbraio 2013

 

Questo è un atto d’accusa non contro la caccia, della quale rimango comunque avversario

di vecchio corso,

ma contro i cacciatori ignoranti, grezzi, buzzurri, efferati e

disumani,

giusto per non usare altri aggettivi molto meno civili, per rispetto a chi mi ospita

in questo blog e a voi lettori.

Sì, sono incazzato e posso usare questo termine perché ormai è stato sdoganato

credo anche sui libri editi dalle edizioni Paoline.

 

L’avevano chiamata Belinda ed era un cervo femmina giovane, trovata senza madre dai proprietari

di un agriturismo tra Biserno e Ridracoli, in provincia di Forlì. L’avevano amorevolmente accudita ed

erano riusciti a farla crescere tra non poche difficoltà, poi, essendo come tutti gli animali

selvatici fauna indisponibile dello stato, non avevano potuto rinchiuderla come si può fare

con un animale domestico.

Belinda andava e veniva libera, ma sempre vicinissima all’agriturismo  e a quelle persone che l’avevano

salvata da morte certa.

Era diventata ormai la mascotte del paese e viveva in stato semidomestico frequentando ogni giorno

i gestori dell’agriturismo il Mulino che l’avevano salvata, dormendo spesso sullo zerbino del ristorante

e rimanendo confidente verso tutta la comunità dei due paesi che portavano i bambini a vedere Belinda,

la cerva un po’ zoppa che non fuggiva ma si soffermava a prendere il fieno o il pellet dalle loro manine.

 

Nella frazione di Santa Sofia, Belinda era sulla bocca di tutti e tutti la conoscevano rendendola, in pratica,

parte della comunità.


La sua fiducia e la generosità di tante persone si è infranta pochi giorni fa, contro la disumanità di

un cacciatore che forse ha agito rispettando le leggi vigenti (lo stabilirà la magistratura), ma certamente

non ha usato una briciola di cuore, ammesso che abbia tale organo al suo posto.

Si chiamano “selettori”, i cacciatori che vengono inviati dalle amministrazioni provinciali sul territorio

per abbattere la fauna giudicata in eccedenza.

 

Compito spiacevole ma necessario? Sul “necessario” vi è spesso da dubitare.

Quanto allo “spiacevole”, ho conosciuto selettori che non dormono la notte per la frenesia di sparare,

il giorno dopo a daini, cervi, cinghiali ecc.

 

Belinda era nota a tutti, aveva un segno di riconoscimento chiaro e le hanno sparato

a pochi metri dalle case.

 

Poi, il suo corpo è stato caricato sulla macchina e il cacciatore se n’è andato,

come avesse caricato un sacco di bulloni.

Gli abitanti di Biserno e Radicoli sono addolorati e arrabbiati,

mentre i bambini piangono la loro mascotte e imparano a conoscere dove arriva la cattiveria dell’uomo.

 

Scrive Sauro, un abitante di Biserno,

su Facebook: “La frenesia che prende i cacciatori non appena vedono una preda li acceca.

 

Anche se conoscono benissimo l'animale lo abbattono senza pietà.

 

Abita lì accanto, ha visto la cerva più e più volte, perchè non ha usato un po' di prudenza ?”

 

Se è proprio vero che chi ha sparato a Belinda abita lì vicino, allora la legge lo può assolvere

perché non ha commesso alcun reato, ma lo condanna qualcosa che è al di sopra delle leggi e

che gli antichi chiamavano pietas e io, più modestamente, “volere bene”.

di Oscar Grazioli.

Veterinario e giornalista.

 

 

Basta ai camion della morte:

 salviamo i cavalli polacchi dal commercio barbaro

 

 

 

di Oscar Grazioli

 

Arrivano da un piccolo paese impronunciabile della Polonia,150 chilometri a sud di Varsavia.

Si raccolgono li tutte le sere i camion che provengono dalla nazione intera.

Sono inaccessibili agli sguardi, esce qualche suono ovattato nella nebbia.

Guai a fotografare, peggio filmare, guai a fare domande indiscrete, guai a essere

un forestiero che parla un’altra lingua. I bastoni sono pronti a spaccargli le gambe,

gli stessi che portano ancora i grumi di sangue delle zampe spezzate ai cavalli, ai pony,

agli asini che hanno mostrato di non adeguarsi al carico veloce. Non vuoi salire sul camion,

maledetto bastardo di un cavallo?

 

La prima randellata è sulla coda. Non sulla coscia o sulla schiena dove ci sono i tagli di carne

più pregiata. Guai a rovinarli. Ti ribelli, ti pianti, fai retromarcia, roteando le orecchie nel

caos del fumo dei sigari, della nebbia, della notte, delle urla e delle bestemmie?

E allora le randellate si fanno più secche, più violente e colpiscono per spaccare.

Se poi hai la zampa già spezzata e ti attardi a salire sul camion, allora c’è il pungolo elettrico,

c’è tutto quello che serve per caricarti sul quel camion blindato alla vista che,

dopo un viaggio che può durare fino a cinque giorni senza soste, senza acqua e senza biada,

ti sbarca con altrettanta dolcezza in un macello ufficiale o in un mattatoio clandestino,

uno dei tanti che ci sono in Italia, Grecia, Spagna e Francia. C’è tutto quel che serve,

tranne un filo d’umanità.

 

Mangia la carne di cavallo che fa buon sangue. Mangia il pesto crudo con aglio e un filo d’olio

che ti tira su dopo la lunga malattia. Poi se crepi di Trichinellosi o delle mille Salmonelle che

alberga la carne di cavallo chissenefrega. I controlli? E dove, in Polonia? Ma figurati.

Li hai visti a Striscia dove sono i controlli? L’hai sentito, il camionista interrogato

rigorosamente di schiena? “Qui tutti corrotti. Tu tira fuori due soldi e i controlli vanno via,

lisci come l’olio”.

 

Tra i tanti premi che abbiamo, deteniamo la palma dei primi mangiatori di carne di cavallo

al mondo. Anzi, i primi di cavallo, asino e mulo. Sono gli animali che hanno fatto la

nostra storia.

Senza il cavallo, l’uomo sarebbe ancora nelle caverne.

Quante merci hanno trasportato cavalli e asini sui loro dorsi,

quanti uomini hanno condotto alle loro mete,

quanti soldati hanno caricato sulla groppa nelle infinite battaglie dell’uomo e quanti

alpini hanno portato al campo sicuri, su faraglioni e creste di montagne ghiacciate

nella notte buia e senza luna. E noi, come li ripaghiamo? Non solo mangiandoli,

ma sapendo che il loro trasporto è una tortura indicibile, per un animale di carattere

così fragile e timido.

 

Il viaggio che percorrono, stipati all’inverosimile sui camion della morte,

segue un itinerario tortuoso, attraverso la repubblica Ceca, la Slovacchia, l’Ungheria,

 la Slovenia e la Croazia. Tutto pur di evitare l’Austria dove i controlli sanitari sono

estremamente rigorosi. In certe dogane se la “ merce “ è di scarsa qualità si paga meno.

Quando il doganiere apre la porta del camion e vede i primi cavalli con le zampe spezzate,

 applica uno sconto. Sa benissimo che le zampe sono state spaccate a mazzate dal conducente.

 Di fronte ad uno sconto in denaro il rumore dei nodelli che si spezzano è sordo e muto.

Non commuove nessuno. Ciò che commuove è il dio denaro. Mangia la carne di cavallo

che fa tanto buon sangue.

 

08 marzo 2013

 

La provincia di Siena autorizza la caccia alla volpe,

l'unico predatore sopravvissuto . .

 

 

 

 

di Oscar Grazioli.

 

Veterinario e giornalista.

 

Ritorno sull’argomento caccia ma per una sua particolarità che mi sembra

assolutamente ignobile.

 

Già m’infastidiscono non poco le cosiddette cacce di selezione che, secondo le autorità competenti,

sarebbero volte a sfoltire la fauna in eccesso (cinghiali, caprioli, cervi ecc.), come se fosse

colpa di qualche ambientalista la loro ipotetica sovrappopolazione.

Vorrei ricordare, per chi lo ignorasse, che, quando ero un giovane dirigente periferico del WWF,

partecipavo alle riunioni in Provincia, per le faccende che riguardavano la fauna selvatica.

La maggioranza schiacciante (9 a1) era delle associazioni dei cacciatori

 

(Federcaccia, ARCICaccia, Libera Caccia ecc.) osteggiate dal sottoscritto

 

e qualche volta dal rappresentante dell’associazione agricoltori che difendeva

i diritti di questi ultimi a non vedersi calpestati i terreni in base a una barbara

legge secondo cui nessuno poteva entrarci, essendo proprietà privata,

tranne chi aveva la doppietta che aveva libero accesso.

 

Frequentando quegli ambienti si veniva a sapere tutto. Per esempio che un gruppo ben

organizzato di cacciatori della collina liberava nottetempo cinghiali

(talvolta  incrociati con maiali) ben sapendo,

che non avendo alcun predatore, in pochi anni si sarebbero riprodotti a tal punto da dovere

inventare la soluzione dello sfoltimento. E sono nate le squadre di caccia al cinghiale,

dove allignano veri e propri assatanati per i quali l’unico vero dispiacere può essere quello che il prezioso cane venga aperto

dai genitali allo sterno dalle zanne del cinghiale circondato.

Dispiacere rapido però perché il giorno dopo se va  a comprare un altro.

Quattro moccoli per i soldi spesi e finita lì, come si fosse bocciata la portiera della macchina.

 

Ora, l’amministrazione provinciale di Siena ha pensato bene di autorizzare la caccia

alle volpi nelle tane, a partire dal 1° aprile (e non sarà un pesce) in pieno periodo riproduttivo.

Quando partono queste crociate contro la fauna in eccesso, di solito si paventano varie

tragedie per l’opinione pubblica, dai rischi sanitari ai danni all’agricoltura fino addirittura

all’incolumità dei cittadini. Questo per rendere dolce la pillola: la loro morte è il male

minore no?  Nel caso delle volpi non si riesce a trovare nulla di tutto questo,

se non l’ipotetica rabbia silvestre inesistente in Toscana. In questo caso si torna

all’antico concetto di “nocivi”, quando per i cacciatori lo erano tutti gli animali

(donnole, faine, volpi, falchi ecc.) che potevano, in qualche misura esser4e di

disturbo per gli unici animali che interessano a loro: fagiani, lepri e quaglie.

Naturalmente a nulla serve lo studio del grandissimo (Dio l’abbia in gloria)

De la Fuente che, studiando il contenuto dello stomaco di centinaia di volpi,

dimostrò che queste prede costituivano una percentuale del tutto trascurabile dei loro pasti.

 

Le volpi sono ormai l’unico predatore sopravvissuto sui territori massacrati da caccia,

urbanizzazione, veleni e inquinamento.

Si tratta di animali preziosi gli unici che possono ancora contribuire a tenere sotto controllo l’espansione delle loro prede.

Se la Provincia non tornerà indietro ci toccherà vedere cani appositamente addestrati, infilarsi nelle tane di volpe dove troveranno

le madri entente ad accudire i loro piccoli.

A quel punto schizzerà il sangue del cane addestrato a uccidere e della volpe stanca

per l’allattamento, ma pronta a farsi massacrare pur di difendere la prole.

 

Se questa è caccia…


22 marzo 2013


 

 

Anche gli animali hanno diritto a una morte dignitosa    

 

 

 

    

di Oscar Grazioli

Veterinario e giornalista.

 

 C’è modo e modo di morire e questo vale anche per gli animali,

come c’è modo e modo di essere allevati e trattati.

 

Quante volte sentirete dire da una persona, o direte con voi stessi,

“quando dovrà capitare spero che si spenga la luce all’improvviso”?

Il significato credo sia banale: molto meglio un infarto e che in pochi minuti, per quanto doloroso,

ti porta nei verdi pascoli piuttosto che un tumore di quelli che ti fanno marcire per mesi o,

peggio ancora, una malattia che ti lascia immobile in un letto senza magari la capacità di parola,

in balia di assistenti sociali e badanti (quando va bene).

 

Nei miei primi mesi, dopo la laurea, ho lavorato come sostituto di alcuni veterinari comunali.

Allora c’erano le condotte e il veterinario comunale era quello che faceva l’ispezione degli alimenti nei mattatoi.

Ne ho viste di tutti i colori e, quando ne ravvisavo la necessità, prendevo provvedimenti che un giovane veterinario

non avrebbe dovuto prendere, di fronte a macellatori che lavoravano da 30 anni o a proprietari di macelli

che avevano a che fare con la mafia siciliana .

 

Una sera d’ottobre, uscendo da un mattatoio privato, mi sono trovato davanti alla faccia un coltello.

Avevo chiamato in ufficio e cazziato il capo macellatore perché si divertiva a tranciare il midollo spinale

alle vacche facendo il salto più alto del collega.

 

Le cose più brutte che si possono solo definire sadiche,

 

le ho viste alla fine del trasporto, soprattutto su manzi e vacche che arrivavano dalla Sicilia fino a Reggio Emilia.

Animali con le zampe spezzate, ferite profonde in ogni dove, alcuni morti sul carro,

altri tirati giù per lo scivolo a forza di legnate.

 

Quelli con le zampe rotte legati e strascicati, tra bestemmie e frustate, giù perla scaletta.

Allora, nonostante fossi giovane, non me ne fregava niente elle conseguenze (beata gioventù).

Bloccavo tutto e tra gli scherni e le ingiurie di personaggi grezzi e mezzi ubriachi imponevo balle di paglia

e soprattutto quel minimo di dignità che merita anche chi va a morire.

 

I trasporti degli animali vivi sono,

 

dopo la vivisezione, forse il capitolo più nero del trattamento che riserviamo agli animali.

Se poi anche la macellazione diventa una specie di divertimento, la pagina si fa ancora più nera.

 

Capita ancora oggi.

 

I carabinieri del NAS di Livorno e quelli di Lucca , pochi giorni fa, hanno accertato gravi e reiterati

maltrattamenti di bovini.

 

In particolare, i militari dell'Arma hanno appurato che il titolare di un impianto toscano e sette addetti

utilizzavano indebitamente attrezzature come le "mordecchie" e dispositivi a scariche elettriche per immobilizzare

e trascinare i bovini verso le trappole di contenzione.

 

Inoltre, i maltrattamenti riguardavano la iugulazione: venivano tagliate le vene giugulari,

anche quando l'animale, sospeso ad un paranco, era ancora in vita.

 

Non è pensabile che siano tutti vegetariani, ma che, anche nell’allevamento e nella morte,

l’animale abbia un trattamento dignitoso è un dovere per chi pensa di essere civile.

 

 07 febbraio 2014

 

 

 

Specie a rischio, il rapporto dell'Ispra fa venire i brividi

 

            Ambiente, Biodiversità, in Italia una specie su due è a rischio                             

 

di Oscar Grazioli

Veterinario e giornalista.

 

Il rapporto è impietoso e mostra, se mai ce ne fosse bisogno, la stupidità dell'uomo che, da un lato, si lamenta perché

dovunque si volta c'è un parente o, un amico che muore per i tumori più disparati (e inaspettati),

dall'altra continua a massacrare l'ambiente in cui respira,

dal quale trae nutrimento e nel quale, alla fine, vive giorno e notte.

Non è necessario rievocare le recenti immagini di città cinesi dove, in pieno giorno, si devono accendere le luci in strada

e muoversi con ridicole mascherine,  perché una coltre pesante di anidride solforosa mista a idrocarburi e altre

schifezze oscura il sole.

E' sufficiente per chi, come me, vive nella pianura padana (ma a parte le Dolomiti, credo in qualunque altra località)

passare un dito sul cofano dell'auto, per ritrarlo bisunto e colorato di una sinistra sfumatura nerastra.


 

I desolanti dati del'Ispra -

I dati pubblicati dall'ISPRA (Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale) sono evidenti quanto desolanti.

Pochi giorni fa, a Roma,  l'ISPRA ha presentato, insieme al ministero dell'Ambiente, il III Rapporto Direttiva Habitat

2007-2012. Il 50% delle piante, il 51% degli animali e il 67% degli habitat, tra quelli di interesse europeo presenti in Italia,

sono in uno stato di conservazione cattivo o inadeguato.

Dall'orso bruno, al quadrifoglio d'acqua, sono tante le specie in forte declino o a rischio estinzione e le cause

non sono per nulla naturali ma sono soprattutto dovute all'azione dell'uomo.


 

Dell'orso marsicano sono rimasti solo 40-50 esemplari -

Stando solo alla sopravvivenza di specie animali e vegetali, dell'orso marsicano sono rimasti solo 40-50 esemplari,

mentre varie specie di pipistrelli ormai sono virtualmente estinte a causa dei pesticidi.

Male se la passano le rondini, per gli stessi motivi e per la scomparsa dei luoghi di nidificazioni.

Si tratta di mammiferi e uccelli altamente specializzati nella cattura di insetti che proliferano a dismisura,

assieme a specie no autoctone, veicolando malattie tropicali (Chikungunia, Dengue, Nilus Fever Disease)

mai viste nel passato e molto pericolose per l'uomo.

Il 40% degli anfibi (rane, rospi, salamandre e tritoni) è in uno stato ben poco favorevole (eufemismo),

ma a passarsela peggio sono i pesci di fiume e di lago, quasi tutti minacciati dall'introduzione di altre specie

per finalità di pesca sportiva.


 

Piante endemiche della Sardegna in pericolo -

Tra i vegetali, i pericoli maggiori sono per le piante endemiche della Sardegna e per la flora delle zone umide,

mentre tra gli habitat più sofferenti sono le dune e le torbiere a causa di attività turistiche e di urbanizzazione

non controllata.

Insomma, un quadro che fa venire i brividi e che vede peggiorare, di anno in anno, la situazione di un ambiente

sfruttato come una cloaca che può ritornare solo, per usare un francesismo, della merda.

Ma a noi ormai, va bene mangiare anche quella e respirarne il delicato olezzo. Almeno così pare.

 

04 marzo 2014

 

 

 

Non esistono animali "inferiori":

stop ad astici, aragoste e granchi vivi su un sudario di ghiaccio

 

di Oscar Grazioli

Veterinario e giornalista.

 

 

 

 

 

 

Sono stato molte volte criticato (giustamente) dai lettori perché troppo di rado scrivo circa le condizioni di benessere (o meglio, malessere)

dei cosiddetti animali “inferiori”, pesci, crostacei, insetti ecc.

 

Non voglio accampare scuse, ma la realtà è che anche in campo mediatico esiste un mercato dominato da “domanda e offerta”.

 

Prendiamo ad esempio i servizi di Edoardo Stoppa su Striscia la Notizia: parlano di cani, gatti, cavalli, bovini, uccelli,

talvolta animali rinchiusi in fatiscenti giardini zoologici privati, ma ve ne ricordate uno che si occupi di pesci?

 

Può essere che, tra le migliaia di servizi andati in onda ce ne sia stato uno, ma sfido chiunque a ricordarlo.

 

D’altronde, l’immagine del cucciolo di cane importato illegalmente dall’Est che sta morendo di gastroenterite virale dentro un lurido furgone,

commuove fino alle lacrime, mentre quella di una trota che si rotola sul corpo cercando l’acqua, lascia per lo più indifferenti,

anzi esorta sicuramente qualcuno a calcolarne le dimensioni, per elogiare il pescatore che l’ha presa all’amo.

 

Devo dire per correttezza scientifica, che il dibattito sulla capacità di provare dolore dei pesci e dei crostacei,

che va avanti da decenni a suon di studi e feroci polemiche, ultimamente pende verso una scarsissima se non nulla percezione

dell’algia dopo la pubblicazione di un monumentale lavoro intitolato Fish pain le cui conclusioni comunque lasciano ancora un margine di dubbio.

 

Ed è su questo che è necessario riflettere.

 

Troppe volte abbiamo assistito a studi “conclusivi” ed esaustivi su argomenti di grande importanza.

Dopo pochi anni, nuovi studi hanno oscurato quelli che sembravano le Tavole della Bibbia, per cui, quando si tratta del benessere animale,

la cautela non è mai troppa.

E’ posabile che un astice messo sul ghiaccio con le chele legate non percepisca dolore, stanti le attuali conoscenze sui meccanismi

algici nel mondo animale, eppure il buon senso comune e la sensibilità che ci devono accompagnare nei nostri comportamenti,

ci dicono inequivocabilmente che un astice in quelle condizioni non ci deve stare, semplicemente perché non è giusto.


Sentiamo e  percepiamo che si tratta di un nostro atteggiamento sbagliato nei confronti di animali completamente indifesi

e quasi sempre non tutelati.

Bene ha fatto dunque Il tribunale di Firenze che ha condannato a 5000 euro di ammenda e al pagamento delle spese legali C.B.,

ristoratore di Campi Bisenzio (Firenze), per aver detenuto aragoste  e granchi vivi sul ghiaccio con le chele legate.

 

Personalmente,  pur non essendo del tutto vegetariano, proibirei per legge quelle insulse e vergognose vasche o acquari che si vedono

all’interno di certi pretenziosi ristoranti, nei quali il cliente può scegliere quale soggetto prelevare e inviare verso la pentola bollente

o la piastra, ancora vivo ovviamente.

 

E’ uno spettacolo peraltro altamente diseducativo anche per gli altri clienti e soprattutto per i bambini costretti a vedere e commentare

con i genitori questo comportamento che ha qualcosa di sadico. Invoco una legge che lo vieti, studi scientifici sul dolore a parte.

 

22 aprile 2014

 

 

Ecco perché è bene parlare di Galline a Bruxelles

di Oscar Grazioli

Veterinario e giornalista.

 

 

 

 

Nell’abbuffata notturna di servizi, maratone, talk show e telegiornali dedicati all’analisi del voto, ho sentito un politico di cui non ricordo il nome,

ma rammento l’espressione funerea, esprimersi più o meno in questo modo: “Finché a Bruxelles si discute del benessere di galline e polli,

con tutto il rispetto che ho per loro, è evidente che non può esistere un Europa costruttiva e che funzioni”. 

 

Tradotto dal politichese: “Del benessere animale non me ne può fregar di meno.

 

Ne parlino le vecchie gattare davanti a un tè, ma lasciate che Bruxelles discuta di cose importanti”.


Non mi stupirei affatto, anzi lo penso seriamente, che lo stesso politico (mannaggia quel nome che non ricordo!)

pensi che il Parlamento Europeo debba occuparsi solo di politica economica e che argomenti come inquinamento ambientale,

agricoltura, benessere animale e altre simili sciocchezze debbano essere discusse dai governi delle singole nazioni,

magari nei ritagli di tempo che ci lasciano i mesi di luglio e agosto o le feste natalizie.

 

Visione veramente lungimirante, tanto che, lo ricordo dall’espressione funebre, il politico in questione era lì per spiegare

una sonora batosta arrampicandosi su più di uno specchio, esercizio che i politici scafati conoscono in ogni minimo dettaglio.


Se continuiamo con il giochetto macabro del “c’è sempre qualcosa di più importante su cui riflettere” non solo non la finiamo più,

ma conviene pensare a un suicidio di massa.

 

Perché dedicare milioni di pagine cartacee e on line alla rocambolesca vittoria del Real sull’Atletico, quando l’Europa

(e l’Italia in primis) assiste all’immane tragedia dell’immigrazione clandestina?

 

Ma è davvero così immane se rapportata alle malattie che mietono milioni di vittime ogni anno nel mondo e che potrebbero

essere curate con adeguati stanziamenti?

 

E che dire dalla fame nel mondo che falcia decine di milioni di bambini e anziani, mentre una piccola parte del pianeta

ha a che fare con obesità e colesterolo?

Vi avevo anticipato che è un giochino stupido.


Quel politico cui non frega niente di ambiente e benessere animale, perché in Europa si deve parlare di cose serie,

purtroppo ha un largo seguito. Non hanno capito che tre galline dentro una gabbia di pochi centimetri quadrati,

obbligate a fare 270 uova l’una ogni anno, d’estate e d’inverno, con un programma luce che non le lascia sufficiente sonno,

con batteri e virus che si moltiplicano a velocità spaventosa in mezzo a una densità simile,

con dodici tipi di vaccino “sparati” nella coscia, in bocca, nelle ali, sprayzzati sulle narici, con mangimi che sono bombe di nutrimento,

non potranno produrre  altro che uova di qualità scadente, specie alla fine della loro misera carriera che dura mediamente 9 mesi.

 

Chi poi mangerà questi scheletri ambulanti e spiumati, inviati in macello perché non più produttivi, che cosa mangerà?

 

Questi politicanti (non “politici”) non hanno capito che, a parte il senso dell’umanità che è giusto dedicare agli animali che sfruttiamo,

l’ambiente, nella sua interezza, ci fa pagare a caro prezzo i nostri errori e le nostre arroganze.

 

E non si tratta di voti, ma di malattie come il cancro.

 

Ecco perché è bene parlare di galline a Bruxelles.

 

26 maggio 2014

 

 

 

 

 

 

 

 

Trasporto degli animali al macello: oggi, come 40 anni fa.

Che schifo

 

di Oscar Grazioli

Veterinario e giornalista.

 

 

Non si chiedeva molto. Si chiedeva di limitare entro le otto ore il percorso degli animali commestibili verso i macelli. 

Sono passati ormai quasi 40 anni da quando ho messo piede, per la prima volta, in un macello privato di un siciliano che portava

su al nord vacche modicane.

Ero appena laureato e qualunque lavoro andava bene.

Eravamo in piena estate e i veterinari comunali che andavano in ferie cercavano i cosiddetti “interini”,

ovvero dei sostituti che coprissero le loro mansioni pubbliche e private generalmente per un mese.


 

Nel mio interinato dovevo seguire, come ispettore degli alimenti, tre macelli, quello di cui sopra e altri due di maiali.

Avevo già fatto, nell’itinerario del corso di laurea e nel tirocinio post-laurea, la pratica nei macelli che consisteva nell’apprendere

da un collega esperto quanto servisse per portare sulle tavole della carne salubre.

 

Il benessere animale allora era un concetto presente, ma ancora piuttosto vago e comunque sempre sottomesso alle leggi

di mercato e al business.

 

Sì, esistevano delle norme che, con fatica, soprattutto i giovani neolaureati facevano rispettare.

L’uso della pistola a proiettile captivo per lo stordimento era una di quelle maggiormente infrante.

Il taglio della gola, per i suini, era di gran lunga più agevole e soprattutto faceva risparmiare tempo.

Si doveva litigare col personale e con i proprietari dei macelli e più di una volta sono stato non proprio larvatamente minacciato

per questa mia “voglia” di complicargli le cose.


 

Quello che però ricordo con più orrore erano i camion di manzi e vacche che venivano su dalla Sicilia,

dopo una giornata e passa di viaggio, da là fino al cuore dell’Emilia.

Chi aveva le zampe spaccate, chi era morta nel carro, chi non aveva bevuto e mangiato per 36 ore con 40 gradi di caldo,

in camion chiusi da tendoni.

E venivano tirate giù spesso a legnate, se solo mancavo per mezzora.

Altrimenti era un litigio continuo con gente che aveva un aspetto non proprio da gentleman.

E io litigavo lo stesso, da buon reggiano “con la testa quadra”.


 

I trasporti sono sempre stati, per me, il massimo dell’orrore e dell’abominio umano sugli animali e ,

ancora oggi, nonostante il milione di firme raccolte tra i cittadini europei, non si è riusciti, non dico ad abolirli,

 ma almeno a ridurre il numero delle ore a otto (che non sono poche).

 

Vedere cavalli che arrivano dalla Polonia, dopo giorni di viaggio, sfiancati, spaccati, sanguinolenti, disidratati,

mezzi morti o morti su quei camion maledetti è uno spettacolo che dovrebbe essere servito in TV,

appena prima della partita dell’Italia speriamo in finale.

 

Basterebbero cinque minuti di quelle scene per una sollevazione dell’opinione pubblica tale da costringere i ministeri

della Salute e dell’Agricoltura a smetterla di dormire o, peggio ancora, mettere la testa sotto la sabbia.


 

Si è da poco concluso il lavoro della task force della Stradale di tutta Italia relativo al controllo sul trasporto degli animali vivi

destinati all'alimentazione umana. In tutto il territorio nazionale, le pattuglie della Specialità della Polizia di Stato

hanno effettuato controlli sui veicoli adibiti al trasporto di animali vivi verso i macelli.

 

Su 917 veicoli controllati, sono state accertate 535 violazioni, di cui 110 relative alla normativa sul trasporto degli Animali vivi.

Sono state accertate violazioni per un totale di 100.969,75 euro. Oggi, quasi come 40 anni fa. Che schifo!


           

17 giugno 2014

 

 

 

                                                   

 

 

Se i mussulmani vogliono dissanguare animali vivi lo facciano a casa loro.

 

 

di Oscar Grazioli

Veterinario e giornalista.

 

 

Lungi da me affrontare questioni che possano anche solo lontanamente “profumare” di razzismo, ma direi che si evince una netta sproporzione fra il trattamento che i mussulmani dedicano agli stranieri che visitano i loro paesi e quello che dedichiamo loro, quando vengono a farci visita o si fermano nella nostra nazione, con i documenti più o meno in regola.

 

 Ricordo un episodio accaduto tanti anni fa a Mostar

(era ancora in piedi il famoso ponte distrutto poi durante la guerra).

Ero in vacanza con mia moglie e  proprio alla fine del ponte un artigiano stava disponendo le sue creazioni in strada per attirare i turisti. Non avevo osservato che le sue opere d’arte erano di natura religiosa e scattai una foto. Non l’avessi mai fatto. Il contatto fisico è stato evitato da due “colleghi” dell’artista che poi mi hanno spiegato che avevo tentato di rubare l’anima al creativo. Ho fatto qualche altro giro in paesi rigidamente mussulmani e mi sono sempre adeguato alle loro regole, come mamma mi ha insegnato. Se vai a casa di un altro non puoi pensare di dettare la tua legge. Ancora una volta ritorna alla cronaca il problema della macellazione rituale che mussulmani (ed ebrei) pretendono nei paesi dove soggiornano, anche se questa contrasta con la legislazione che vuole lo stordimento dell’animale prima della iugulazione.

 

Ebbene L'Associazione “Animalisti Italiani Onlus”, 

con formale comunicazione ha provveduto nei giorni scorsi a diffidare il Sindaco di San Miniato (PI) affinché vieti l'apertura di un mattatoio per la macellazione rituale,

 

tenuto conto che la legge Toscana la vieta espressamente e che la struttura non ha tutte le autorizzazioni sanitarie necessarie. La diffida si riferisce all'annuncio che prevede per il prossimo 14 settembre l'inaugurazione a San Miniato (PI) della macelleria regionale per la produzione di carne islamica secondo riti che prevedono la macellazione degli animali senza preventivo stordimento. Un metodo in cui gli animali vengono dissanguati vivi e sentono il gelo e la morte arrivare morendo tra infinite sofferenze. La legge italiana nel rispetto degli animali prevede l'uccisione con un colpo secco o lo stordimento prima di procedere al dissanguamento ed espressamente specifica all'articolo 3 del Decreto Legislativo 333/1998 “Le operazioni di trasferimento, stabulazione, immobilizzazione, stordimento, macellazione e abbattimento devono essere condotte in modo tale da risparmiare agli animali eccitazioni, dolori e sofferenze evitabili”.

 

 Senza dunque volere ricorrere alle terrificanti immagini di chi decapita reporter occidentali per motivi politici e religiosi, i mussulmani, nel nostro paese, godono di ampie libertà e facilitazioni (moschee, integrazione nelle scuole, centri di accoglienza, sanità gratuita ecc.). Personalmente fino a quando non sarò libero di sedere al tavolino di un bar di Algeri a bere un Cognac assieme a un’amica in short e tacco 12, se vogliono dissanguare animali vivi lo facciano a casa loro. Qui rispettino le nostre leggi e i nostri sentimenti. Al di là d’ogni sfumatura razzista che non è nella mia cifra.

 

 

 

 

 

Con l'aumento dell'Iva a rischio i controlli veterinari per Fido, Silvestro e compagnia

di Oscar Grazioli

 

Sento insistentemente parlare, in alcuni corridoi bui ma di solito nutriti di sapide notizie, di un possibile aumento dell'IVA al 24 % nel prossimo anno e addirittura fino al 26% nel 2016. Sono ben lungi dall'essere un economista, ma non credo che ci voglia un premio Nobel per affermare che, se andasse in porto una manovra del genere, l'economia italiana (qualche resta) rimarrebbe strozzata a terra, incapace di muoversi neanche per gli spasmi agonici.

 

Controlli veterinari a rischio - Quello che temo, da persona sicuramente interessata, ma ancor prima da amante degli animali, è che i massimi dell'IVA verrebbero applicati, come accade oggi, anche alle prestazioni veterinarie. Naturalmente questi ultimi, che versano la tassa allo Stato, sarebbero obbligati a inoltrarla sulle spalle dei clienti con l'esito finale facilmente prevedibile di un crollo dei controlli sanitari per Fido, Silvestro e compagnia bella. Dal momento che, per quanto molto meno frequenti rispetto al passato, esistono ancora malattie trasmissibili all'uomo, tutto ciò si tradurrebbe in un aumento di micosi, scabbia, malattia da graffio del gatto, echinococcosi, toxoplasmosi ecc. nei confronti degli umani, con ricoveri, visite, esami, terapie, giorni di lavoro (per i fortunati) perse ecc.

 

Prestazioni veterinarie dovrebbero essere esentate dall'IVA - Fino a relativamente pochi anni fa, le prestazioni veterinarie erano, al pari di quelle mediche, esenti da IVA. Pareva un'ovvietà. I veterinari sono medici, specializzati in una branca della medicina che è quella veterinaria e, come tali, dovrebbero essere esentati dall'IVA.

 

Nossignore, per far cassa, si è invocata una disposizione europea ed è stata introdotta l'IVA sulle prestazioni veterinarie, ma non ci si è limitati a questo. Si è introdotta l'IVA che vige per gioielli, champagne e per i beni più preziosi, quasi che recarsi dal veterinario se Fido sta male, fosse uno sfizio, una roba da "sciuri". Vane ovviamente le proteste negli anni.

 

L'IVA è rimasta ed è rimasta la quota massima che si aspetta solo di elevare al 24 e poi al 26%. Se così fosse, cari governanti di oggi, di ieri e di domani, fareste meglio a fare una campagna televisiva in prima serata per dissuadere chiunque non abbia un reddito superiore ai 3000 euro al mese, a mettersi in casa cani e gatti. Con tanti saluti alle adozioni nei canili. Chissà perché s'invoca l'UE per l'impossibilità di abolire questa porcata dell'IVA sugli animali, poi si pagano le multe all'UE perché a livello di protezione di ambiente e fauna facciamo schifo.

 

30 ottobre 2014

 

                                                                              

  

Moncler e le oche spennate vive, esistenza di mali peggiori non sminuisce gravità

 

del fatto

 

di Oscar Grazioli

 

Se c'è una cosa che mi dà fastidio (anzi mi fa incazzare) quando si discute circa un argomento è quella di allargarlo ad altre situazioni per sminuirlo, tipica difesa di chi è debole.

Delle piume d'oca e della querelle suscitata dalla Gabanelli, nella su inchiesta TV, rigurgitano radio,

TV, stampa e social network. C'è chi, inorridito dalle immagini del trattamento riservato alle oche,

giura che non porterà mai più un capo con piumino d'oca, mentre una delle reazioni più comuni è quella

di chi tenta di annacquare tutto invocando le mille storture (e torture), inflitte agli animali nel mondo.

Non parliamo poi di chi si difende dietro al classico"ma pensate alla fame nel mondo, o ai bambini

delle favelas o ai pensionati con la minima", ma di questi non farò cenno. Qualunquisti e basta.

 

 Mentre scrivo ho appena sentito su Radio 24, Nicoletti introdurre l'argomento e parlarne con gli ascoltatori. Anche lui cade nella banalità chiedendosi come mai chi afferma che d'ora in avanti metterà solo il cappotto,

non pensa che magari nella Mongolia meridionale o giù di lì le pecore vengano tosate

senza tanti complimenti.

Di solito geniale, Nicoletti cade poi nell'ingenuità, quando afferma di non capire il "casino" suscitato sui social network "solo" per avere visto le immagini di come vengono spennate le oche.

Possibile che il conduttore non arrivi a capire che l'immagine colpisce profondamente, resta impressa,

la si può anche sognare e insomma vale più una foto di Capa di un' intera enciclopedia sulla guerra del Vietnam?

 

Ci sono torture ben peggiori delle oche malamente spiumate dagli ungheresi?

Ah, certo: al peggio non c'è mai limite.

Basti pensare ai cavalli trasportati con le zampe spezzate per giornate intere dall'Est all'Italia,

uno dei paesi che ancora consuma in quantità carne di cavallo.

Ma se così si vuol fare, allora c'è ancora di peggio: gli allevamenti intensivi di galline ovaiole in gabbia?

O i vitelli strappati alle madri subito dopo il parto? O il fegato delle anatre fatto "scoppiare" per avere il patè?

O la macellazione rituale o religiosa che dir si voglia?

Ma possibile che se si parla di un paese dell'U.E. che pela vive le oche contro le norme comunitarie sul benessere, si debba subito tirare in ballo altro?

Stiamo a quello e vediamo di sanzionare chi è responsabile.

 

Quanto alle immagini, caro Nicoletti, come mai siamo stati in milioni incollati due giorni alla TV nel caso del povero Alfredino,con tanto di Presidente della Repubblica (Pertini) per ore sul luogo di quelle giornate

(da dimenticare per l'insipienza e il dilettantismo), quando nel mondo ogni minuto muoiono dieci bambini

di fame e stenti e nessuno ci pensa?

Così difficile da capire che la realtà è fatta anche e soprattutto di simboli?

Poi che abbia ragione la Gabanelli o la Moncler lo sapremo in tribunale, ma che in Ungheria le oche vengano spennate in quel modo ora lo sappiamo.

E questo è un fatto certo.

 

 

05 novembre 2014

 

 

 

 

 

 

No alla depenalizzazione dei reati contro gli animali.

 

di Oscar Grazioli

 

E così questo governo intende far passare in uno di quelli che vengono definiti “decreti minestrone”

la depenalizzazione dei reati contro gli animali.

 

La giustizia non funziona? Le carceri sono strapiene?

 

I magistrati hanno agende lunghe come da qui a New York? I processi durano 7 – 8 anni mediamente, se non intervengono gli altri due gradi (appello e cassazione?) e allora si passano i 10 anni abbondanti?


 

Ormai siamo arrivati al punto che le forze dell’Ordine, quando hanno acchiappato un pericoloso criminale, se lo vedono rimandato fuori dal carcere il giorno dopo perché non c’è posto da nessuna parte e perché il garantismo regna ormai sovrano sul nostro Bel Paese.

Lo sanno benissimo gli extracomunitari che raggiungono in Italia esclusivamente per delinquere.

Mi è capitato, in una mia indagine giornalistica, di parlare con alcuni di loro.

Il ragionamento è banale: se andiamo in Germania o in Inghilterra e commettiamo retai di una certa gravità, rischiamo anni di galera e poi l’espulsione dal paese, se invece veniamo in Italia sappiamo che, a meno che non ci scappi il morto, il giorno dopo siamo a piede libero.


 

Come si fa quindi a sistemare una situazione così incartata?

Semplice: abbiamo fatto decine di indulti e amnistie e siccome queste non riscuotono più il favore del pubblico, stanco di essere massacrato a bastonate per 20 euro, si camuffano con un colpo di spugna che rischia di cancellare, in un attimo, dieci anni di norme penali.

“Non punibilità per particolare tenuità del fatto”, ecco qual è il nuovo strumento che dovrebbe sanare le piaghe della nostra Giustizia.

 

Si tratta di uno schema di Decreto Legislativo dove c’è dentro il solito calderone di norme che nessuno legge e tutti firmano su richiesta dei colleghi di partito.

 

Tra queste spicca la cancellazione delle norme penali su maltrattamento e uccisione degli animali.

 

Tali reati, infatti, rientrano nel limite massimo dei cinque anni di reclusione per i quali, secondo il decreto, scatterebbe la non punibilità.


 

Questo Schema di Decreto Legislativo, ha scritto il Governo, una volta approvato, "consentirà una più rapida definizione, con decreto di archiviazione o con sentenza di assoluzione, dei procedimenti iniziati nei confronti di soggetti che abbiano commesso fatti di penale rilievo caratterizzati da una complessiva tenuità del fatto, evitando l'avvio di giudizi complessi e dispendiosi laddove la sanzione penale non risulti necessaria".

 

Pensiamo solo ai laboratori di sperimentazione animale dove già oggi imperano i baroni universitari che si fanno beffe della presenza di un veterinario che dovrebbe (solo contro cento!) occuparsi del benessere delle cavie!

 

Assoluta impunità, che già in parte hanno, di infliggere torture utili solo ad aumentare i punteggi della loro carriera e avere sovvenzioni dagli enti statali e regionali.

 

Una vera manna!

 

Questo decreto non deve passare perché l’U.E con il trattato  di Lisbona

 

 ha di fatto giudicato gli animali esseri senzienti.

 

Si dia inizio all’azione di “mail bombing” su Governo e Parlamento.

 

 Buon Natale a tutti

 

 

 

22 dicembre 2014

 

 

 

 

 

Benessere e diritti degli animali:

                               in Italia c’è ancora molto da fare

 

di Oscar Grazioli.

 

 

Spesso ci vantiamo di essere uno dei paesi con le leggi più severe per quanto riguarda il benessere e i diritti degli animali.

Devo dire che, in parte è vero, perché, ad esempio, non sono molte le nazioni che adottano il penale per i reati di maltrattamento degli animali.

C’è anche da osservare che, come accade per gli esseri umani, il fatto che esistano le pene non vuol dire che queste vengano applicate.

Lo sa benissimo chi entra in Italia con il preciso intento di delinquere.

Anche di fronte a rapine a mano armata, lesioni gravi e addirittura omicidio, spesso si tratta di qualche giorno di carcere, poi fuori a godersi l’aria come tutti gli altri, semmai con il dovere di oblare qualche migliaio di euro che il delinquente non ha.

Chi riga dritto è dunque cornuto e mazziato, mentre chi delinque viene premiato da un sistema intriso di buonismo viscerale.

Avete mai sentito di uno che abbia fatto un solo giorno di carcere per maltrattamento di animali.

Poche settimane fa la cronaca ha riportato il caso di un gentile signore che ha preso a calci, sulla pubblica via, un gattino, come fosse un pallone da calcio.
 

 

Denunciato da un cittadino che aveva assistito alla scena se l’è cavata con una ramanzina e una multa, nonché con la benedizione dello “zooclasta” Cruciani (La Zanzara) che ha inveito contro chi pretendeva, per il tipo, almeno una giornata la fresco.

“Figuriamoci” ha detto in trasmissione Cruciani” se si deve andare in carcere per una baggianata simile!”

Chiaro che il paragone con l’Inghilterra, quanto a senso civico in generale.

È quanto meno ardito, ma a Luton un sedicenne che ha preso a calci un Gatto e un cane si è visto rifilare 18 mesi di riformatorio e l’inibizione, per tutta la vita, a tenere qualunque specie di animale.

Un altro aspetto che contraddice l’idea di un’Italia così severa sui diritti animali, è il fatto che nel nostro paese un cane o un gatto può essere pignorato o sequestrato come un qualunque altro bene, perché la legge considera ancora gli animali domestici come "cose".

E' partita da qui Tessa Gelisio, ambientalista e blogger, storico volto di "Pianeta Mare" e conduttrice di "Cotto e Mangiato", che ha lanciato oggi la petizione #giulezampe sulla piattaforma Change.org per chiedere al premier Renzi e al governo di "non considerare più gli animali domestici come semplici oggetti e, per questo, pignorabili o sequestrabili".

La petizione lanciata con il patrocinio della Lega nazionale per la difesa del cane è sottoscrivibile online al link http://change.org/giulezampe da presentare al governo.

Fra i contorcimenti di un Cruciani con la giugulare gonfia dalla rabbia per iniziative similmente permeate di idiozia, mi permetto di essere in accordo con la Gelisio e la Brambilla, che ha presentato una proposta di legge nello stesso senso, perché sono convinto che un cane o un gatto non debbano essere trattati alla stessa stregua del televisore, pignorato dall’ufficiale giudiziario.

Mi pare siano qualcosa di più rispetto a un ammasso di chip e transistor.
 

 

6 Febbraio 2015

 

 

 

Benessere e diritti degli animali:

la colpa è sempre degli animali ???

o . .  dopo una notte "di sballo" non si riesce più a vedere. . se qualche ""cosa"" . .  ci attraversa la strada??

si poteva evitare?????

 

 

Venerdì 1° Maggio 2015: strada "Ponte Talloria", vicino alla tangenziale per Roddi, ho trovato una Capriola (Bambi) investita da auto. . . rottura colonna vertebrale. . gambe paralizzate. . chiamato Soccorso veterinario:

soppressa con puntura. .!!!!!!!!!!!!!!   ora è a fare compagnia ai suoi fratelli in cielo.

 

almeno non ha più sofferto !!

 

 

     

 

e pensare . . .  che ci sono uomini (?) 

che si divertono a ucciderli per puro divertimento!!!!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

un fiore in suo ricordo!! ciao Bambi  !!! corri tra le nuvole in cielo . .